Contestare una fattura non equivale a mettere in discussione un semplice documento contabile; significa sollevare obiezioni sulla sua ragion d’essere, vale a dire sul rapporto di fornitura o di prestazione che l’ha generata. La fattura è la “traduzione” in numeri di un contratto, scritto o verbale, che impegna chi eroga un bene o un servizio e chi lo riceve. Quando si parla di contestazione, il fulcro diventa accertare se l’obbligazione principale ‒ consegnare un macchinario conforme, completare un progetto grafico, eseguire una consulenza ‒ è stata adempiuta nei tempi, nei modi e nella qualità pattuiti. Se permane incertezza su questi elementi, ogni voce esposta in fattura perde fondamento.
Indice
Verificare puntualmente la corrispondenza tra quanto fatturato e quanto effettivamente consegnato
Il primo terreno su cui può nascere la contestazione riguarda la discrepanza tra ciò che il fornitore dichiara e ciò che il committente constata. Può trattarsi di quantità, come nel caso di cinquanta pezzi consegnati anziché sessanta, oppure di caratteristiche tecniche: un software promesso con determinate funzioni che, una volta installato, ne presenta solo in parte. Qui il codice civile offre appiglio all’articolo 1490, che obbliga il venditore a garantire la cosa venduta “immune da vizi che la rendano inidonea all’uso cui è destinata”. Se il difetto si manifesta, il compratore può rifiutare in toto o chiedere riduzione del prezzo, e la fattura ‒ in quanto riflesso di quel prezzo ‒ diventa contestabile.
Rilevare errori formali e fiscali nel documento
Anche una fattura formalmente scorretta apre spazi di contestazione. Il regime IVA adottato, la dizione della partita IVA, l’applicazione di ritenute, la corretta indicazione del reverse charge o dello split payment per i soggetti pubblici non sono dettagli di poco conto: un’imprecisione può trasformare il committente in responsabile solidale verso il fisco. Se, ad esempio, un professionista in regime forfettario inserisce l’IVA per errore, il cliente non è tenuto a versare un’imposta inesistente. La contestazione serve quindi a tutelare la propria posizione tributaria e a prevenire futuri controlli.
Agire entro termini di legge o di contratto per non decadere dal diritto di eccepire
La legge non impone un tempo fisso ed uguale per ogni tipo di contestazione, ma diversi riferimenti creano una cornice. Nel caso di vizi nella vendita di beni mobili, l’articolo 1495 richiede la denuncia entro otto giorni dalla scoperta, salvo termine diverso convenuto o usi. Nelle prestazioni d’opera intellettuale, come quelle di un consulente, l’obbligo di verifica e contestazione non ha perimetro rigido, ma la giurisprudenza invita a una tempestività “ragionevole”, valutata in base alla complessità dell’oggetto e all’esigenza di verificarne l’utilità. Nei contratti d’appalto il codice civile impone la denuncia di difformità entro sessanta giorni dalla scoperta e in ogni caso entro due anni dalla consegna dell’opera. Il punto chiave è che la fattura viaggia sullo stesso binario: contestarla troppo tardi espone al rischio di vedersi opporre la decadenza.
Distinguere tra richiesta di chiarimenti e formale contestazione
Non ogni dubbio innesca immediatamente una contestazione. Spesso il committente può chiedere delucidazioni su una voce di costo senza mettere in discussione l’intera prestazione. Questa fase interlocutoria, meglio se affidata alla posta elettronica certificata o a raccomandata, sospende di fatto il decorso dei tempi di pagamento, purché sia chiara la volontà di verificare le voci. Se la risposta del fornitore non dissipa i dubbi o conferma la discrepanza, allora nasce la necessità di contestare in senso stretto, cioè dichiarare che il documento non verrà saldato sino a rettifica o alla definizione di uno storno.
Valutare l’impatto sulla continuità del rapporto professionale
Contestare una fattura non significa per forza incrinare il rapporto con il fornitore. Un’impresa che spiega con dati alla mano perché il lavoro fornito non raggiunge gli standard concordati apre la porta a una revisione collaborativa: un buono sconto, un intervento di messa a punto, uno storno parziale. Quando, invece, la contestazione deriva da inadempienza grave, come ritardi che abbiano causato danni economici, la fattura diventa il primo passo per una richiesta di risarcimento. La forma e il contenuto della contestazione ‒ toni, aperture conciliative, esplicitazione di eventuali penali ‒ andranno modulati a seconda del valore che si attribuisce alla continuità del rapporto.
Utilizzare strumenti di prova per sorreggere le proprie ragioni
Il successo di una contestazione si regge su evidenze. Foto di merce danneggiata, e-mail che definiscono caratteristiche tecniche, rapporti di collaudo, minute di riunioni, registrazioni di consegna, tutto confluisce in un dossier che dia consistenza alla rivendicazione. Nelle prestazioni di servizi, un registro delle ore, un file di versioning o l’assenza di funzioni promesse in un software diventano prove. Più la contestazione è documentata, meno il fornitore potrà ridurla a semplice pretesto per non pagare.
Conclusioni
Contestare una fattura si rivela necessario quando l’equilibrio contrattuale si spezza per difetti di quantità, qualità, tempi o per errata formulazione fiscale. Agire in modo tempestivo, fondato su prove e rispettoso di eventuali termini di decadenza, consente di far valere i propri diritti senza trasformare il dissenso in rottura insanabile. La fattura, più che un castello di cifre, è il riflesso economico di un’intesa: quando l’intesa vacilla, intervenire con una contestazione lucida e ben argomentata diventa strumento di trasparenza e di tutela reciproca, favorendo la correzione degli errori e, dove possibile, la prosecuzione del rapporto su basi più solide.