C’è chi non può dire di aver davvero iniziato la giornata prima di averne bevuti almeno un paio e chi lo ricicla nei modi più impensabili, c’è ne sfrutta le capacità come “rimedio della nonna” e chi, consumandolo, sogna di bruciare grassi e zucchero.
Risulta essere il caffé, bevanda tanto cara agli italiani che quando sono all’estero, alla fine di ogni pasto, si lamentano della mancanza di un espresso fatto come si deve. Ecco alcune cose poco note sul caffè.
Il futuro è nei fondi di caffé, ma non temete, non ci sono di mezzo maghe e fattucchiere. Un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino ha messo a punto uno studio su tre livelli presentato al Salone del gusto del 2008: con uno dei processi comunemente utilizzati per l’estrazione della caffeina dai chicchi si possono ricavare lipidi e cere destinati alla filiera farmaceutica; dal processo di estrazione si ottiene anche una pasta compatta che viene poi impiegata nella formazione di un substrato utilizzato per la coltivazione di funghi commestibili dalle ottime proprietà nutritive; in agricoltura dopo la coltivazione dei funghi lo stesso substrato viene utilizzato per la produzione di vermicompost. Perché i fondi? È presto detto: da ogni tazza di caffè (che utilizza normalmente 7 grammi di caffè) si ottiene una quantità di fondo pari a 13 grammi grazie all’acqua acquisita nel passaggio di produzione della bevanda.
Ma i metodi di riutilizzo dei fondi di caffè non si contano: alcuni li usano come fertilizzanti per piante perché rendono acido il terreno, altri distribuiscono la polvere utilizzata e opportunamente asciugata lungo gli stipiti di finestre e balconi per sfruttarne le doti naturali di antiparassitario contro le formiche, e infine in Olanda c’è chi come Matthijs Vogels ha messo su un business di vasi e barattoli realizzati al 100% in caffé riciclato.
Molti sanno che le prime piante utilizzate come arabica erano originarie dell’Etiopia: una provenienza che il paese del Corno d’Africa ha tentato anche di trasformare in brevetto quando nel 2005 provò a far registrare tre varietà presso l’Uspto (United States Patent and Trademark Office). In questo modo chiunque avesse utilizzato i pregiati chicchi avrebbe dovuto pagare un diritto di sfruttamento del marchio con grandi introiti per il governo di Addis Abeba.
Sono parecchie le varietà diffuse ma ce n’è una che pare essere così pregiata che il suo prezzo al kg si aggira intorno ai 500 euro. Si chiama Kopi Luwak ed è prodotto sull’isola di Sumatra in modo quanto meno singolare: si ricava, infatti, dalle bacche ingerite e parzialmente defecate dallo zibetto delle palme. Il Guinness World Record è invece costellato di primato che riguardano il caffè: dalla macchina espresso più veloce al mondo (11,5 litri in un minuto) alla più larga tazza di caffè mai concepita (capacità di 7.608,68 litri).
Una volta, a Napoli, c’era la bellissima e romantica abitudine del cosiddetto caffè sospeso: nei bar del capoluogo campano, chi era particolarmente felice beveva un caffè lasciandone pagato un altro per chi fosse entrato senza poterselo permettere. Questa usanza prova a tornare in vita in tutta Italia grazie all’impegno della Rete del caffè sospeso.
Anche i campi dell’estetica e della cosmesi non sono rimasti indifferenti al fascino del caffè: esfoliante per la pelle, crema dimagrante o riducente, stick per le labbra, balsamo per i capelli e… rimedio contro la calvizie. Stando a uno studio indipendente dell’università di Jena la caffeina avrebbe la capacità di stimolare l’attività della radice del capello rallentando il processo di caduta.